Itinerario classico dell’escursionismo farindolese, molto frequentato in passato, oggi invece meno battuto e, a torto, un po’ trascurato. Nella parte alta offre grandiosi panorami sull’immensa piana di Campo Imperatore, sul Monte Sirente, sul Monte Camicia fino al Mare Adriatico. Adrenalinico il passaggio di I grado, non difficile ma esposto, che supera la paretina rocciosa poco sotto la vetta del Siella.
L’itinerario ha inizio dal grande parcheggio di Rigopiano. Si percorre per circa duecento metri la strada asfaltata in direzione Vado di Sole fino ad intercettare un cartello in legno che indica l’inizio del sentiero. Ci si inerpica in una bellissima faggeta che ospita esemplari di faggio secolari. Dopo circa 45 minuti si raggiunge la Fonte dei Trocchi a quota 1.524 m. Si prosegue alla sinistra della fonte e poco dopo si prende a destra per raggiungere la radura sovrastante la fonte. Attraversata la radura si rientra nel bosco fino ad uscirne definitivamente in corrispondenza di una grande radura inclinata. Si sale liberamente per prati fino a raggiungere il Vado di Siella (1.775 m), che separa il M. San Vito dal M. Siella, dove ci si affaccia sull’immensità di Campo Imperatore. Dal valico si prende a destra e si segue tutta la cresta, o sul filo o poco sotto. Superata una paretina rocciosa con passaggi di I grado molto esposti (ATTENZIONE!!!!) in breve si raggiunge la vetta. Per la discesa si segue lo stesso itinerario di salita. L’itinerario in breve: Percorso: Rigopiano (1.050 m) – Fonte dei Trocchi (1.524 m) – Vado di Siella (1.775 m) – MONTE SIELLA (2.027 m) Difficoltà: EE – per escursionisti esperti (poco prima della vetta è necessario superare una paretina rocciosa con passaggi di I grado molto esposta. Non difficile, ma non adatta a tutti.) Dislivello: + 900 m Durata: 2h45’ salita – 1h30’ discesa Lunghezza: 9 km Sentieristica: sentiero n. 108 SI, segnaletica bianco-rossa, buona fino alla Fonte dei Trocchi poi via via più sporadica fino a scomparire del tutto. Vecchi segni giallo-rossi ricompaiono poco prima della paretina rocciosa che adduce alla vetta. Cartografia: Gran Sasso d’Italia, Carta dei Sentieri, edizione straordinaria 2009, Edizioni S.E.L.C.A. © Ercole Di Berardino - esploramonti.it - All rights reserved E' vietata la riproduzione di testi ed immagini senza l'autorizzazione scritta da parte dell'autore.
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Lunga ed impegnativa escursione in una delle zone più selvagge e meno frequentate della catena del Morrone. Itinerario immerso nel verde di boschi misti e faggete secolari con panorami spettacolari nella parte alta che percorre la suggestiva cresta del Monte Rotondo.
Si parte da poco sopra il paese di Tocco da Casauria, attraversando pascoli e macchie di ginestre in breve si raggiunge la Fonte Luigi. Entrati in una zona di bosco misto a roverella, carpino e orniello si comincia a salire in modo più deciso fino a raggiungere il bivio dei sentieri A5/A8. Si prende a sinistra per la “direttissima di M. Rotondo”, si supera la fonte Ranzulo (non attiva) e da qui il sentiero inizia ad inerpicarsi, con pendenze via via più severe, su un’antica traccia utilizzata in passato da carbonai e legnaioli. La traccia sale su lunghi traversi e tornanti alternando tratti molto ripidi ad altri un po’ più dolci. Al bosco misto si sostituisce man mano la faggeta. Si esce dal bosco quasi in corrispondenza della cresta sommitale dove si incrocia il sentiero P del Parco seguendo il quale in breve si raggiunge la vetta del Monte Rotondo (1.731 m) che offre uno dei panorami più spettacolari d’Abruzzo, dai monti fino al mare Adriatico. Per il ritorno si percorre a ritroso tutta la panoramica cresta del Monte Rotondo fino a raggiungere la Forchetta di Schiena d’Asino, a picco sulla gola di Tremonti. Qui si prende a destra il sentiero A5 che attraversando faggete, abetaie e prati, dopo aver toccato il punto panoramico (leggera deviazione) di Monte della Grotta, con lunghissimi traversi e tornati ci riporta al bivio dei sentieri A5/A8 e da qui alla fonte Luigi e al parcheggio. L’itinerario in breve: Percorso: Area di parcheggio parapendio (600 m) - Fonte Luigi (620 m) – Direttissima – F.te Ranzulo - Ravucella – Monte Rotondo (1.731 m) – Schiena d’Asino (1.293 m) – Monte della Grotta (1.086 m) – La Pineta – F.te Luigi - Parcheggio parapendio Punto di partenza: Da Tocco da Casauria si seguono le indicazioni per gli impianti sportivi, si prosegue in contrada Villa fino a raggiungere una sorgente di acqua sulfurea. Si prosegue ancora per qualche centinaio di metri sulla carrareccia fino ad arrivare ad un piccolo slargo in corrispondenza di un cartello del Parco Nazionale della Majella, posto all’imbocco di una carrareccia secondaria che si stacca a sinistra (quota 470 m). Qui inizia il sentiero ed è possibile parcheggiare le automobili. Se si dispone di un’auto 4x4 è possibile proseguire per questa carrareccia secondaria che dopo alcuni tornanti raggiunge un ampio parcheggio in corrispondenza del punto di Decollo Parapendio (quota 600 m) Difficoltà: EE – per escursionisti esperti Dislivello: +1.200 m oppure +1.350 m, in base al punto di partenza Lunghezza: 14 km dall’area di Decollo Parapendio, altrimenti 16 km Sentieristica: segnaletica bianco-rossa n. A5 - A8 (direttissima) - P - A5 © Ercole Di Berardino - esploramonti.it - All rights reserved E' vietata la riproduzione di testi ed immagini senza l'autorizzazione scritta da parte dell'autore. Itinerario molto panoramico che offre diversi elementi di interesse sia storici che naturalistici. Considerata la quota non elevata e l’esposizione a sud, l’itinerario è consigliato nelle stagioni intermedie (primavera e autunno).
Si parte dal caratteristico borgo di Roccacasale che sorge abbarbicato sul fianco meridionale dei Monti della Rocca, dominato dal Castello De Sanctis costruito a pianta triangolare con all’apice una bellissima torre trapezoidale. Proprio nei pressi del castello ha inizio il sentiero R3 che in breve raggiunge la Grotta di S. Michele Arcangelo per poi proseguire a mezzacosta verso il panoramico Colle delle Fate avvolti dai profumi di ginestre, biancospini e piante aromatiche. Sul Colle sono stati rinvenuti i resti di un vecchio centro fortificato di origine preromanica. Si distinguono ancora tre cinte murarie ben conservate e due pozzi di raccolta dell’acqua piovana. L’itinerario prosegue in un bosco di querce miste a conifere fino ad intercettare il sentiero R4 e raggiungere (con una brevissima deviazione) il bel rifugio Puzzacchio. Per comoda carrareccia si scende poi verso l’area pic-nic del Beato Mariano (fonte) e il bellissimo Laghetto della Rocca che si forma in primavera nella verdissima e incantevole Valle dei Preti. Abbandonato il sentiero R4, si intraprende la via del ritorno verso Roccacasale e, dopo una brevissima risalita al valico che separa il M. Capo d’Acero e il Colle della Paglia, si prosegue sul ripido sentiero R2 che, tagliando la lunga sterrata che sale dal paese, in ripida discesa e con uno stupendo panorama verso la Valle Peligna e i monti che la contornano, in breve tempo ci riporta a Roccacasale. Un’ultima salita su ripidide gradinate tra le case del borgo ci permetteranno di tornare al punto di partenza. L'Itinerario in breve: Punto di partenza: Roccacasale (AQ), Piazza Papa Giovanni XXIII Percorso: Roccacasale (450 m) – Castello De Sanctis – Grotta di S. Michele Arcangelo – Colle delle Fate (724 m) – rifugio Il Puzzacchio (980 m) – Beato Mariano (784 m) – Lago della Rocca – Roccacasale Difficoltà: E – escursionsitica Dislivello: 650 m Lunghezza: 9 km Sentieristica: bianco-rossa, R3 – R4 – R2 © Ercole Di Berardino - esploramonti.it - All rights reserved E' vietata la riproduzione di testi ed immagini senza l'autorizzazione scritta da parte dell'autore. Itinerario breve ma dal dislivello non da sottovalutare e pertanto adatto a presone sufficientemente allenate. Si parte dal bel borgo di Lama dei Peligni (in prossimità dell’Area faunistica del Camoscio d’Abruzzo) e con ripido sentiero si attraversa dapprima una pineta di rimboschimento, per proseguire poi in un ambiente rupestre su fondo ghiaioso ed infine attraversare bei pascoli di alta montagna fino a raggiungere il rifugio Fonte Tarì e l’omonima fonte, posti a 1540 m su un panoramico terrazzo naturale.
Il rifugio è stato completamento ristrutturato in stile rustico ed è uno dei più confortevoli della Majella. Dispone di 13 posti letto più 5 brandine supplementari, una cucina a gas, un bagno ed è dotato persino di riscaldamento e acqua calda. La sua gestione è stata affidata all’ASD Majella Sporting Team di Lama dei Peligni. Dal rifugio la vista si apre sulle colline della Val di Sangro ed i suoi borghi, il Lago di Casoli fino al Mare Adriatico verso il quale, la mattina, è possibile ammirare delle splendide albe con il mare ed il cielo che si tingono di color rosso fuoco. Dal rifugio si riprende il cammino e con altri quindici minuti si raggiunge la larga cresta del Colle Acquaviva che delimita la profonda depressione della Valle di Taranta. L’affaccio sul vallone è inaspettato e stupefacente allo stesso tempo. Il paesaggio che ci si apre davanti lascia senza fiato. Da questo piccolo valico la Valle di Taranta si mostra in tutta la sua immensità e selvaggia bellezza, uno scenario aspro e grandioso che racchiude in sé tutte le straordinarie caratteristiche della Majella. L’itinerario in breve: Percorso: Lama dei Peligni (720 m) – Rifugio Fonte Tarì (1.540 m) – Valico di Colle Acquaviva (1.630 m) Difficoltà: E – escursionistica Dislivello: + 900 m Lunghezza: 9 km (a/r) Sentieristica: bianco-rossa n. H4 © Ercole Di Berardino - esploramonti.it - All rights reserved E' vietata la riproduzione di testi ed immagini senza l'autorizzazione scritta da parte dell'autore. Negli ultimi anni si sta risvegliando nella coscienza collettiva una nuova sensibilità verso i problemi dell'ambiente e dell'uomo. Allo stesso tempo, a causa dei ritmi frenetici che la vita moderna ci impone, si sta manifestando sempre più evidente la necessità di riappropriarsi della “libertà perduta”. Si stanno cioè creando le condizioni per mettere in pratica un diverso stile di vita basato sul ritorno alla terra, sulla decrescita consapevole, sul risparmio energetico, sull'alimentazione sana e naturale da ricercarsi in loco, piuttosto che lo sviluppo insostenibile, lo spreco delle risorse, il cibo spazzatura, modificato geneticamente che non si sa da dove provenga e cosa provochi. Certo, occorrono coraggio e determinazione per fare una scelta del genere che porta ad un cambiamento radicale della propria vita, abbandonando tutte le certezze costruite negli anni.
Coraggio e determinazione che non sono mancati a Ralph e Ninke, 47 anni lui e 34 anni lei, che quattro anni fa hanno abbandonato la loro vita agiata in Inghilterra per inseguire il loro sogno di dare vita ad un’azienda agricola etica, sostenibile ed eco-compatibile, scegliendo di vivere a contatto con la terra, gli animali e la natura incontaminata dell’entroterra verde d’Abruzzo. Ralph, irlandese di origine, era un manager di Amazon, guadagnava bene ma lavorava tanto, troppo, tanto che spesso stava giorni interi senza vedere i propri figli, altre volte invece usciva la mattina presto che i figli ancora dormivano e rientrava la sera tardi che i figli erano già a letto. Ritmi divenuti insostenibili che costringevano a mettere in secondo piano i veri valori della vita. Ninke, olandese, è una psicologa in neuroscienze e in Inghilterra trascorreva le sue giornate facendo la mamma di quattro splendidi bimbi, Airik, che oggi ha nove anni, Lucian sette e i gemelli Anakin e Nimue di cinque anni, e accudendo per quattro ore al giorno un ottantenne italiano affetto da Alzheimer. Riccardo, questo il suo nome, era un emigrante abruzzese originario di Carapelle Calvisio, piccola frazione in provincia de L’Aquila, e nei suoi racconti non faceva altro che elogiare le bellezze e le tante virtù della sua terra di origine. Racconti che hanno fatto incuriosire Ninke e che hanno contribuito a far maturare in lei e Ralph l’idea di una vita diversa, altrove e più a misura d’uomo. Ed è così che quattro anni fa la coppia si trasferisce a Carapelle Calvisio dove acquista una tenuta agricola a 600 m di altitudine con due casali, di cui uno oggi ristrutturato ed adibito a laboratorio di trasformazione dei prodotti e un altro ancora diroccato ma che nei sogni di Ralph e Ninke sarà la loro nuova casa con una splendida vista sulla Valle del Tirino, le propaggini meridionali del Gran Sasso e la Majella. Il contesto è incantevole, immerso in ettari di verde, ulivi, pini e querce secolari. Il nome che hanno dato alla loro azienda agricola è Fattoria Valle Magica; mai nome fu più appropriato! Parlando con Ralph ci si rende subito conto della gioia che traspare dai suoi occhi e, mentre ci guida alla scoperta della sua fattoria, così ci racconta del suo progetto: “credo che tutti dovrebbero avere l'opportunità di mangiare carne sana e biologica come si faceva prima della produzione industriale. Ci concentriamo sull'allevamento e la conservazione sia di razze rare che tradizionali, non più utilizzate nella moderna agricoltura commerciale. Animali che crescono più lentamente e che vivono vite autosufficienti nel loro ambiente naturale. Ci occupiamo anche di agricoltura biologica e sostenibile basata su metodi che evitano l'uso di farmaci e pesticidi. Non utilizziamo macchine per lavorare la terra, tutto è fatto a mano o con l’aiuto degli stessi animali. I primi a calpestare il terreno da coltivare sono i tacchini che mangiano ciò che resta della precedente coltivazione e contribuiscono alla concimazione della terra, poi è la volta dei maialini nati da poco che arano il terreno senza appesantirlo ed eliminano le radici residue, infine è la volta delle galline che si occupano della fresatura e mangiano i parassiti. A quel punto la terra è pronta per la semina.” Attualmente nella fattoria sono allevati 250 galline di razza pregiata, 100 tra oche e anatre, una cinquantina di tacchini che aiutano nel tenere lontani i serpenti, alcune faraone, che con i loro versi allertano tutta la fattoria in caso di attacchi da parte delle volpi, tre asini, una cinquantina di pecore della razza Gentile di Puglia, 20 capre di razza Girgentana, inconfondibili per le lunghe corna a spirale, 60 maiali neri, che dimorano proprio sotto le querce delle cui ghiande sono ghiotti e circa 50 conigli ospitati nelle loro casette colorate. Gli animali circolano liberamente nella fattoria con sette cani Pastore abruzzese e tre Dobermann a fare la guardia. La fattoria è aperta ai visitatori per vedere gli animali ed è attrezzata per organizzare visite guidate, grigliate, pic-nic, degustazioni, eventi e corsi di vacanza per chiunque voglia fare esperienza di vita rurale e condividere la passione di Ralph e Ninke per l'agricoltura sostenibile. Uno spazio è dedicato esclusivamente ai bambini. Un’idea sicuramente nuova per i nostri tempi che richiede un impegno ed un lavoro fuori dal comune, ma che l’amore di questa bellissima famiglia per la natura e gli animali, con l’aiuto di tanti amici e conoscenti provenienti da mezza Europa, ha trasformato in una splendida realtà inserito in uno splendido contesto paesaggistico. © Ercole Di Berardino - esploramonti.it - All rights reserved E' vietata la riproduzione di testi ed immagini senza l'autorizzazione scritta da parte dell'autore. Itinerario piacevolissimo che, percorrendo una delle creste più panoramiche dei monti d’Abruzzo, raggiunge la vetta del Monte Genzana, che a pieno titolo può essere definito la sentinella dei parchi d’Abruzzo. Il Monte Genzana è infatti una sorta di “terra di mezzo” dal quale è possibile scorgere tutte le montagne maggiori della regione. A sud il Monte Greco e la Serra Rocca Chiarano, ad ovest le Mainarde e le vette della Camosciara, in primo piano il Monte Godi, il Monte Marsicano e la Montagna Grande di Scanno, ad est la Majella ed il Morrone, a nord il Gran Sasso, a nord-ovest il Velino e il Sirente, nulla sfugge allo sguardo da questo stupendo “balcone” naturale.
L’itinerario parte dal borgo “fantasma” di Frattura vecchia, inserito in un contesto paesaggistico di rara bellezza ma purtroppo distrutto e abbandonato in seguito al terremoto del gennaio 1915. Un borgo dove il tempo si è fermato solo all’apparenza, l’acqua infatti scorre ancora fresca e limpida dalle fontane e non è raro incontrare qualche anziano che dal paese di Frattura nuova viene ancora qui a coltivare alcuni piccoli e rigogliosi orti. Dopo la salita un po’ faticosa al Monte Cona e al Monte Rognone, l’itinerario prosegue verso il Monte Genzana su una larghissima e panoramica cresta che corre parallela alla meravigliosa catena della Montagna Grande di Scanno. Il rientro a valle avviene invece per un vecchio sentiero pastorale, NON segnato, che taglia tutto il versante occidentale della montagna, a volo d’aquila sulla bellissima Scanno e sull’omonimo lago. Un’autentica “ciliegina sulla torta” per un itinerario bellissimo, sicuramente da inserire tra i dieci itinerari escursionistici più belli d’Abruzzo. L’itinerario in breve: Percorso: Frattura vecchia (1.200 m) – fonte Pietra Libertina (1.485 m) – rifugio Monte Cona (1.676 m) – Monte Cona (1.694 m) – Monte Rognone (2.089 m) – Monte Genzana (2.170 m) – fonte Malvascione (1.551 m) – Frattura nuova (1.260 m) – Frattura vecchia Difficoltà: EE – (per escursionisti esperti) Dislivello: 1.050 m Lunghezza: 14 km circa Sentieristica: segnaletica bianco-rossa. Non segnato il tratto dalla vetta del monte Genzana alla Fonte Malvascione. © Ercole Di Berardino - esploramonti.it - All rights reserved E' vietata la riproduzione di testi ed immagini senza l'autorizzazione scritta da parte dell'autore. Non solo un museo, bensì un prestigioso centro di conoscenza e sperimentazione della natura realizzato pensando soprattutto ad un pubblico di bambini e ragazzi, per stimolare in loro la sensibilità verso i temi della conservazione del territorio, del paesaggio e delle specie animali e vegetali. Questo è il nuovo “MUN – Museo dell’uomo e della natura”, inaugurato poco più di un anno fa, e allestito all’interno della sede dei Carabinieri Forestali della Riserva Naturale Orientata Monte Velino a Magliano dei Marsi (AQ).
Il museo è allestito con diorami e vetrine in cui l'ambiente è riprodotto ed illustrato attraverso plastici, foto, immagini e pannelli. Inoltre attraverso l’utilizzo di tecnologie innovative e interattive si dà ai visitatori la possibilità di sperimentare attività inerenti la conoscenza della Biodiversità e, specialmente il pubblico più giovane, viene stimolato con interrogativi e curiosità che aiutano a immergersi con interesse nei diversi ecosistemi. Dopo una prima parte in cui c’è il richiamo forte alle minacce dell’uomo sulla natura, il museo mostra le principali caratteristiche della Riserva del Monte Velino di cui è ricostruito l’ambiente tipico, ovvero il bosco e le pareti rocciose. Percorrendo le varie sezioni del museo vengono poi illustrate le buone pratiche messe in atto negli anni per salvaguardare le specie minacciate quali l’aquila reale e l’orso marsicano e le altre reintrodotte come il cervo, il corvo imperiale e il grifone. L’ultima sezione offre uno spaccato sulla Biodiversità a livello mondiale trattando le attività condotte dai Carabinieri del Raggruppamento CITES per il contrasto al commercio illegale di esemplari o parti di specie minacciate. Il nuovo assetto del museo ha permesso di rendere il percorso museale accessibile anche ai disabili motori e sensoriali, grazie alla collaborazione con l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti di Avezzano. La struttura museale ha anche il pregio di essere inserita in un contesto naturalistico unico, quello della Riserva Naturale Orientata Monte Velino, istituita nel 1987 con lo scopo di tutelare un’area montana di circa 3.500 ettari di grande valore naturalistico ed ambientale, arricchita dalla presenza di specie ed ecosistemi rari e pregiati tra cui una coppia di aquila reale che nidifica nella Valle Majelama e che, proprio grazie alla istituzione della Riserva, è stato possibile proteggere consentendo di accrescere, negli anni, la popolazione appenninica di questo magnifico rapace. Alla struttura didattico-museale si affiancano un’area di sosta attrezzata, un giardino botanico, nel quale sono stati riprodotti gli ambienti principali dell'area protetta, un percorso natura di circa due chilometri che permette di accedere alla voliera dei grifoni e all’area faunistica del Cervo, un deposito Cites nel quale sono esposti centinaia di reperti sequestrati dai Carabinieri forestali. Si tratta di oltre 500 esemplari di uccelli imbalsamati provenienti dall'Europa e dall'Italia, tutti appartenenti a specie rare e minacciate di estinzione Il museo è sempre aperto e, all’occorrenza, possono essere svolti programmi speciali per gruppi e scolaresche. Consigliatissima una vita guidata. Per contatti e maggiori informazioni è possibile rivolgersi a: - Reparto Carabinieri Biodiversità di Castel di Sangro – Via Sangro n. 45 – 67031 Castel di Sangro (AQ) Tel. 0864 845938 – Fax 0864 840706 - E-mail: utb.casteldisangro@forestale.carabinieri.it - Centro Visite della R.N.O. Monte Velino – via Pascolano, 10 – 67062 Magliano de’ Marsi (AQ) Tel/Fax 0863 515162 – E-mail: rno_m.velino@libero.it - www.carabinieri.it Le Serra di Celano (o Monte Tino) è indubbiamente una montagna affascinante ed imponente “nonostante” non superi (anche se di poco!) i 2.000 m di altezza. Eccelso balcone panoramico sulla Piana del Fucino, domina con un dislivello di circa 1000 metri il paese di Celano (AQ) e il suo bel castello. Tra gli itinerari di salita alla vetta, quello che ha inizio dalla strada SS 696, in corrispondenza con il bivio per il paese di Santo Iona, e che percorre la Valle dei Curti, è sicuramente il più bello, quello che offre la migliore prospettiva su questa bella montagna, permettendo di ammirarne da vicino il suo roccioso versante nord e i ripidi canali che lo incidono. Completano la salita l’elegante e panoramica cresta est che darà al nostro sguardo la possibilità di spaziare a 360° su gran parte dei monti d’Abruzzo.
L'itinerario in breve: Percorso: SS 696 (bivio per S. Iona) – Valle dei Curti – cresta Est – SERRA DI CELANO (1.923 m) Difficoltà: E - escursionistica Dislivello: + 900 m Lunghezza: 9 km Durata: 2h30’-3h00’ (salita) – 1h45’-2h00’ (discesa) Sentieristica: Bianco-rossa n. 11A © Ercole Di Berardino - esploramonti.it - All rights reserved E' vietata la riproduzione di testi ed immagini senza l'autorizzazione scritta da parte dell'autore. Tra le montagne d’Abruzzo ci sono antichi villaggi contadini d’altura, preziosa testimonianza del passato mondo pastorale e contadino montano. Sono le pagliare, piccoli centri che servivano da ricovero e deposito del fieno (da qui il nome) per i contadini che salivano in quota per coltivare i campi e portare il bestiame al pascolo durante l’estate.
Erano veri e propri paesi agresti in miniatura, fatti di casette di pietra a due piani, sotto il bestiame, sopra il contadino e la sua famiglia, disposte attorno a un’aia comune. Le pagliare più famose sono quelle di Tione, di Fontecchio e di Fagnano posta ad una quota di 1.000-1.100 m, nel Parco Regionale Sirente-Velino. Queste venivano frequentate nella bella stagione dagli agricoltori e dagli allevatori residenti nei paesi del fondovalle del fiume Aterno. La media valle dell’Aterno, infatti, stretta e ripida com’è, ha sempre offerto poco terreno fertile ai suoi abitanti che, per sopperire a questa carenza, in primavera erano costretti a spostarsi negli altopiani soprastanti per coltivare la terra e far pascolare il bestiame. Una vera e propria migrazione estiva verso la montagna, unica nel suo genere in Abruzzo perché non era finalizzata al solo pascolo del bestiame ma anche e soprattutto alla coltivazione di grano, patate, farro e lenticchie. Sicuramente meno famose, se non sconosciute, sono invece le Pagliare di Ofena, situate nell’alta Valle del Tirino, all’interno del Parco Nazionale del Gran Sasso, nel comune di Ofena. Il viallggio, ormai abbandonato da oltre cento anni, è costituito da circa venticinque piccole casette, per lo più a due piani, composte da una stalla al piano terra e un vano al piano superiore che fungeva da camera e cucina, alcune delle quali dotate di grotta sotterranea per la conservazione dei formaggi situate su un colle al cospetto del Monte Serra e delle propaggini meridionali della catena del Gran Sasso. A differenza delle più conosciute pagliare sopra citate però, quelle di Ofena probabilmente assolvevano ad una funzione diversa da quella tipica dei villaggi d’altura della Valle dell’Aterno. La loro posizione in una zona con microclima temperato, molto adatta alla coltivazione di diversi tipi di colture, nonché la modesta altitudine, suggeriscono un’economia legata più ad attività agricole e pastorali di tipo stanziale. Essendo il villaggio organizzato lungo il percorso del tratturo Magno, molto probabilmente esso veniva utilizzato dai pastori pugliesi durante la transumanza estiva per il ricovero proprio e delle greggi. Oggi gran parte delle casette sono state recuperate e ristrutturate attraverso il riuso attento delle tecniche e dei materiali dell’epoca. Nel 2008, infatti, grazie all’intuizione e alla buona volontà di due imprenditori pescaresi è stato avviato un progetto di recupero del borgo per il riuso a fini ricettivi basato sul modello di albergo diffuso. Purtroppo però le lungaggini burocratiche e amministrative e lo scarso support da parte delle istituzioni, tipiche del nostro paese, hanno scoraggiato le banche che hanno bloccato i finanziamenti con conseguente interruzione dei lavori giunti a circa il 65% del loro completamento. Un paio di anni fa, in occasione di un evento sulla pastorizia organizzato dall’Associazione Terre Nostre, i due imprenditori sono tornati ad accendere i riflettori per rilanciare la loro idea di turismo sostenibile nella speranza di reperire nuovi finanziamenti, necessari per il completamento delle opere e il definitivo recupero del borgo. Ad oggi però è ancora tutto fermo e il borgo è tornato ad essere un villaggio fantasma dove il tempo ha smesso di scorrere, lasciando un eredità di edifici diroccati, stradine deserte e case silenziose immerse nella quiete di un paesaggio quasi spettrale. © Ercole Di Berardino - esploramonti.it - All rights reserved E' vietata la riproduzione di testi ed immagini senza l'autorizzazione scritta da parte dell'autore. Anello di media montagna che si fa apprezzare non solo per i bei panorami sulla Valle del Tirino e le vette del Gran Sasso ma anche, e soprattutto, perché ci porta indietro nel tempo alla scoperta della Grotta delle Marmitte e delle Pagliare di Ofena.
La grotta delle marmitte è una grotta molto particolare che si apre ad una quota di 750 m sul versante nord-est del Monte La Serra di Ofena e vista da lontano ha la caratteristica sagoma di un gigantesco cranio. Varcando poi l’ingresso della grotta ci si trova di fronte non ad una ma ad una serie spettrale di grandi crani che ci fissano dalle loro profonde orbite cave. Sono le cosiddette “marmitte”, scavate da mulinelli di acque torrenziali alcuni milioni di anni fa e poi ribaltate in verticale quando la montagna si è sollevata. A questo fenomeno naturale si deve il nome del sito, agli inizi degli anni Sessanta del secolo scorso, grazie al Gruppo Speleologico URRI di Popoli. In precedenza, come ancora oggi per la gente del luogo, il nome tradizionale è Grotta del Romito. Scavi archeologici condotti nel 1965 dall’Università di Pisa hanno dimostrato che il sito è stato frequentato già a partire da seimila anni fa dai primi agricoltori del neolitico che vi praticavano il culto della Madre Terra. Le Pagliare di Ofena sono un villaggio contadino di montagna, abbandonato da ormai cento anni, che conserva intatte le testimonianze della vita dei pastori-agricoltori che qui venivano a lavorare nella stagione estiva. Un affascinante “villaggio fantasma” dove il tempo ha smesso di scorrere, lasciando un eredità di edifici diroccati, stradine deserte e case silenziose immerse nella quiete di un paesaggio quasi spettrale. L'itinerario in breve: Percorso: Pagliare di Ofena (400 m) - cresta sud Monte La Serra - Forca del Casale (598 m) - Vallone Piccolo - Grotta delle Marmitte (750 m) - Capranica - Pagliare di Ofena Difficoltà: E - escursionistica Lunghezza: 6 km Dislivello: 400 m Sentieristica: percorso non segnato su sentiero e carrarecce facilmente individuabili © Ercole Di Berardino - esploramonti.it - All rights reserved E' vietata la riproduzione di testi ed immagini senza l'autorizzazione scritta da parte dell'autore. |
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