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L'anello del Monte Genzana

27/4/2019

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Itinerario piacevolissimo che, percorrendo una delle creste più panoramiche dei monti d’Abruzzo, raggiunge la vetta del Monte Genzana, che a pieno titolo può essere definito la sentinella dei parchi d’Abruzzo. Il Monte Genzana è infatti una sorta di “terra di mezzo” dal quale è possibile scorgere tutte le montagne maggiori della regione. A sud il Monte Greco e la Serra Rocca Chiarano, ad ovest le Mainarde e le vette della Camosciara, in primo piano il Monte Godi, il Monte Marsicano e la Montagna Grande di Scanno, ad est la Majella ed il Morrone, a nord il Gran Sasso, a nord-ovest il Velino e il Sirente, nulla sfugge allo sguardo da questo stupendo “balcone” naturale.
L’itinerario parte dal borgo “fantasma” di Frattura vecchia, inserito in un contesto paesaggistico di rara bellezza ma purtroppo distrutto e abbandonato in seguito al terremoto del gennaio 1915. Un borgo dove il tempo si è fermato solo all’apparenza, l’acqua infatti scorre ancora fresca e limpida dalle fontane e non è raro incontrare qualche anziano che dal paese di Frattura nuova viene ancora qui a coltivare alcuni piccoli e rigogliosi orti.
Dopo la salita un po’ faticosa al Monte Cona e al Monte Rognone, l’itinerario prosegue verso il Monte Genzana su una larghissima e panoramica cresta che corre parallela alla meravigliosa catena della Montagna Grande di Scanno.
Il rientro a valle avviene invece per un vecchio sentiero pastorale, NON segnato, che taglia tutto il versante occidentale della montagna, a volo d’aquila sulla bellissima Scanno e sull’omonimo lago. Un’autentica “ciliegina sulla torta” per un itinerario bellissimo, sicuramente da inserire tra i dieci itinerari escursionistici più belli d’Abruzzo. 


L’itinerario in breve: 

Percorso: Frattura vecchia (1.200 m) – fonte Pietra Libertina (1.485 m) – rifugio Monte Cona (1.676 m) – Monte Cona (1.694 m) – Monte Rognone (2.089 m) – Monte Genzana (2.170 m) – fonte Malvascione (1.551 m) – Frattura nuova (1.260 m) – Frattura vecchia
Difficoltà: EE – (per escursionisti esperti)
Dislivello: 1.050 m
Lunghezza: 14 km circa
Sentieristica: segnaletica bianco-rossa. Non segnato il tratto dalla vetta del monte Genzana alla Fonte Malvascione.


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Il MUN - Museo dell'uomo e della natura di Magliano dei Marsi nella riserva monte velino

25/4/2019

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Non solo un museo, bensì un prestigioso centro di conoscenza e sperimentazione della natura realizzato pensando soprattutto ad un pubblico di bambini e ragazzi, per stimolare in loro la sensibilità verso i temi della conservazione del territorio, del paesaggio e delle specie animali e vegetali. Questo è il nuovo “MUN – Museo dell’uomo e della natura”, inaugurato poco più di un anno fa, e allestito all’interno della sede dei Carabinieri Forestali della Riserva Naturale Orientata Monte Velino a Magliano dei Marsi (AQ). 
Il museo è allestito con diorami e vetrine in cui l'ambiente è riprodotto ed illustrato attraverso plastici, foto, immagini e pannelli. Inoltre attraverso l’utilizzo di tecnologie innovative e interattive si dà ai visitatori la possibilità di sperimentare attività inerenti la conoscenza della Biodiversità e, specialmente il pubblico più giovane, viene stimolato con interrogativi e curiosità che aiutano a immergersi con interesse nei diversi ecosistemi.
Dopo una prima parte in cui c’è il richiamo forte alle minacce dell’uomo sulla natura, il museo mostra le principali caratteristiche della Riserva del Monte Velino di cui è ricostruito l’ambiente tipico, ovvero il bosco e le pareti rocciose. Percorrendo le varie sezioni del museo vengono poi illustrate le buone pratiche messe in atto negli anni per salvaguardare le specie minacciate quali l’aquila reale e l’orso marsicano e le altre reintrodotte come il cervo, il corvo imperiale e il grifone.
L’ultima sezione offre uno spaccato sulla Biodiversità a livello mondiale trattando le attività condotte dai Carabinieri del Raggruppamento CITES per il contrasto al commercio illegale di esemplari o parti di specie minacciate.
Il nuovo assetto del museo ha permesso di rendere il percorso museale accessibile anche ai disabili motori e sensoriali, grazie alla collaborazione con l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti di Avezzano.
La struttura museale ha anche il pregio di essere  inserita in un contesto naturalistico unico, quello della Riserva Naturale Orientata Monte Velino, istituita nel 1987 con lo scopo di tutelare un’area montana di circa 3.500 ettari di grande valore naturalistico ed ambientale, arricchita dalla presenza di specie ed ecosistemi rari e pregiati tra cui una coppia di aquila reale che nidifica nella Valle Majelama e che, proprio grazie alla istituzione della Riserva, è stato possibile proteggere consentendo di accrescere, negli anni, la popolazione appenninica di questo magnifico rapace.
Alla struttura didattico-museale si affiancano un’area di sosta attrezzata, un giardino botanico, nel quale sono stati riprodotti gli ambienti principali dell'area protetta, un percorso natura di circa due chilometri che permette di accedere alla voliera dei grifoni e all’area faunistica del Cervo, un deposito Cites nel quale sono esposti centinaia di reperti sequestrati dai Carabinieri forestali. Si tratta di oltre 500 esemplari di uccelli imbalsamati provenienti dall'Europa e dall'Italia, tutti appartenenti a specie rare e minacciate di estinzione
Il museo è sempre aperto e, all’occorrenza, possono essere svolti programmi speciali per gruppi e scolaresche. Consigliatissima una vita guidata.
 

Per contatti e maggiori informazioni è possibile rivolgersi a:

- Reparto Carabinieri Biodiversità di Castel di Sangro – Via Sangro n. 45 – 67031 Castel di Sangro (AQ) Tel. 0864 845938 – Fax 0864 840706  - E-mail: utb.casteldisangro@forestale.carabinieri.it
- Centro Visite della R.N.O. Monte Velino – via Pascolano, 10 – 67062 Magliano de’ Marsi (AQ) Tel/Fax 0863 515162 – E-mail: rno_m.velino@libero.it
- www.carabinieri.it


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La Serra di Celano dalla Valle dei Curti

20/4/2019

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Le Serra di Celano (o Monte Tino) è indubbiamente una montagna affascinante ed imponente “nonostante” non superi (anche se di poco!) i 2.000 m di altezza. Eccelso balcone panoramico sulla Piana del Fucino, domina con un dislivello di circa 1000 metri il paese di Celano (AQ) e il suo bel castello. Tra gli itinerari di salita alla vetta, quello che ha inizio dalla strada SS 696, in corrispondenza con il bivio per il paese di Santo Iona, e che percorre la Valle dei Curti, è sicuramente il più bello, quello che offre la migliore prospettiva su questa bella montagna, permettendo di ammirarne da vicino il suo roccioso versante nord e i ripidi canali che lo incidono. Completano la salita l’elegante e panoramica cresta est che darà al nostro sguardo la possibilità di spaziare a 360° su gran parte dei monti d’Abruzzo.
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L'itinerario in breve:

Percorso: SS 696 (bivio per S. Iona) – Valle dei Curti – cresta Est – SERRA DI CELANO (1.923 m)
Difficoltà: E - escursionistica
Dislivello: + 900 m
Lunghezza: 9 km
Durata: 2h30’-3h00’ (salita) – 1h45’-2h00’ (discesa)
Sentieristica: Bianco-rossa n. 11A

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Le Pagliare di Ofena, un viaggio a ritroso nel tempo in un angolo d’Abruzzo sconosciuto.

19/4/2019

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Tra le montagne d’Abruzzo ci sono antichi villaggi contadini d’altura, preziosa testimonianza del passato mondo pastorale e contadino montano. Sono le pagliare, piccoli centri che servivano da ricovero e deposito del fieno (da qui il nome) per i contadini che salivano in quota per coltivare i campi e portare il bestiame al pascolo durante l’estate.
Erano veri e propri paesi agresti in miniatura, fatti di casette di pietra a due piani, sotto il bestiame, sopra il contadino e la sua famiglia, disposte attorno a un’aia comune.
Le pagliare più famose sono quelle di Tione, di Fontecchio e di Fagnano posta ad una quota di 1.000-1.100 m, nel Parco Regionale Sirente-Velino. Queste venivano frequentate nella bella stagione dagli agricoltori e dagli allevatori residenti nei paesi del fondovalle del fiume Aterno. La media valle dell’Aterno, infatti, stretta e ripida com’è, ha sempre offerto poco terreno fertile ai suoi abitanti che, per sopperire a questa carenza, in primavera erano costretti a spostarsi negli altopiani soprastanti per coltivare la terra e far pascolare il bestiame. Una vera e propria migrazione estiva verso la montagna, unica nel suo genere in Abruzzo perché non era finalizzata al solo pascolo del bestiame ma anche e soprattutto alla coltivazione di grano, patate, farro e lenticchie.
Sicuramente meno famose, se non sconosciute, sono invece le Pagliare di Ofena, situate nell’alta Valle del Tirino, all’interno del Parco Nazionale del Gran Sasso, nel comune di Ofena. Il viallggio, ormai abbandonato da oltre cento anni, è costituito da circa venticinque piccole casette, per lo più a due piani, composte da una stalla al piano terra e un vano al piano superiore che fungeva da camera e cucina, alcune delle quali dotate di grotta sotterranea per la conservazione dei formaggi situate su un colle al cospetto del Monte Serra e delle propaggini meridionali della catena del Gran Sasso.
A differenza delle più conosciute pagliare sopra citate però, quelle di Ofena probabilmente assolvevano ad una funzione diversa da quella tipica dei villaggi d’altura della Valle dell’Aterno. La loro posizione in una zona con microclima temperato, molto adatta alla coltivazione di diversi tipi di colture, nonché la modesta altitudine, suggeriscono un’economia legata più ad attività agricole e pastorali di tipo stanziale. Essendo il villaggio organizzato lungo il percorso del tratturo Magno, molto probabilmente esso veniva utilizzato dai pastori pugliesi durante la transumanza estiva per il ricovero proprio e delle greggi.
Oggi gran parte delle casette sono state recuperate e ristrutturate attraverso il riuso attento delle tecniche e dei materiali dell’epoca. Nel 2008, infatti, grazie all’intuizione e alla buona volontà di due imprenditori pescaresi è stato avviato un progetto di recupero del borgo per il riuso a fini ricettivi basato sul modello di albergo diffuso. Purtroppo però le lungaggini burocratiche e amministrative e lo scarso support da parte delle istituzioni, tipiche del nostro paese, hanno scoraggiato le banche che hanno bloccato i finanziamenti con conseguente interruzione dei lavori giunti a circa il 65% del loro completamento.
Un paio di anni fa, in occasione di un evento sulla pastorizia organizzato dall’Associazione Terre Nostre, i due imprenditori sono tornati ad accendere i riflettori per rilanciare la loro idea di turismo sostenibile nella speranza di reperire nuovi finanziamenti, necessari per il completamento delle opere e il definitivo recupero del borgo.
Ad oggi però è ancora tutto fermo e il borgo è tornato ad essere un villaggio fantasma dove il tempo ha smesso di scorrere, lasciando un eredità di edifici diroccati, stradine deserte e case silenziose immerse nella quiete di un paesaggio quasi spettrale.

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Anello della grotta delle marmitte e delle pagliare di ofena

13/4/2019

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Anello di media montagna che si fa apprezzare non solo per i bei panorami sulla Valle del Tirino e le vette del Gran Sasso ma anche, e soprattutto, perché ci porta indietro nel tempo alla scoperta della Grotta delle Marmitte e delle Pagliare di Ofena.
La grotta delle marmitte è una grotta molto particolare che si apre ad una quota di 750 m sul versante nord-est del Monte La Serra di Ofena e vista da lontano ha la caratteristica sagoma di un gigantesco cranio. Varcando poi l’ingresso della grotta ci si trova di fronte non ad una ma ad una serie spettrale di grandi crani che ci fissano dalle loro profonde orbite cave. Sono le cosiddette “marmitte”, scavate da mulinelli di acque torrenziali alcuni milioni di anni fa e poi ribaltate in verticale quando la montagna si è sollevata. A questo fenomeno naturale si deve il nome del sito, agli inizi degli anni Sessanta del secolo scorso, grazie al Gruppo Speleologico URRI di Popoli. In precedenza, come ancora oggi per la gente del luogo, il nome tradizionale è Grotta del Romito. Scavi archeologici condotti nel 1965 dall’Università di Pisa hanno dimostrato che il sito è stato frequentato già a partire da seimila anni fa dai primi agricoltori del neolitico che vi praticavano il culto della Madre Terra.
Le Pagliare di Ofena sono un villaggio contadino di montagna, abbandonato da ormai cento anni, che conserva intatte le testimonianze della vita dei pastori-agricoltori che qui venivano a lavorare nella stagione estiva. Un affascinante “villaggio fantasma” dove il tempo ha smesso di scorrere, lasciando un eredità di edifici diroccati, stradine deserte e case silenziose immerse nella quiete di un paesaggio quasi spettrale.

L'itinerario in breve:

Percorso: Pagliare di Ofena (400 m) - cresta sud Monte La Serra - Forca del Casale (598 m) - Vallone Piccolo - Grotta delle Marmitte (750 m) - Capranica - Pagliare di Ofena
Difficoltà:  E - escursionistica
Lunghezza: 6 km
Dislivello: 400 m
Sentieristica: percorso non segnato su sentiero e carrarecce facilmente individuabili

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ANELLO DEL MONTE PICCA

12/4/2019

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Se andate alla ricerca di itinerari poco o nulla frequentati al di fuori dalle mete conosciute e se avete la capacità di "fiutare" il sentiero, non lasciatevi sfuggire l'occasione di percorrere l'anello del Monte Picca (1.405 m), ultima propaggine di una certa rilevanza al margine meridionale della lunga catena montuosa del Gran Sasso.
Resterete piacevolmente sorpresi e sicuramente sbalorditi nell'assistere ad uno dei più bei panorami d'Abruzzo. Dalla vetta del Monte Picca, nonostante la sua modesta quota, quasi tutto l'Abruzzo si "srotolerà" sotto i vostri piedi. Uno spettacolo che resterà a lungo impresso nelle vostre menti.
​​Raggiunto il valico di Forca di Penne l'itinerario inizia lungo la strada per Corvara. Dove questa piega a sinistra si parcheggia sulla destra in corrispondenza dell’inizio di una carrareccia. A piedi si prosegue sulla sterrata che si affaccia su un laghetto artificiale con bellissimo panorama sul roccioso versante nord del Sirente. Si percorre tutta la carrareccia e in circa 15 minuti si raggiunge un crinale boscoso oltrepassato il quale si imbocca a destra (955 metri) un ripido viottolo che sale nel bosco.
Nel primo tratto (breve) la mulattiera è un po’ chiusa dalla vegetazione tuttavia, oltrepassata una recinzione, si sbuca su un prato inclinato e l’ambiente si apre. Poco dopo, il viottolo raggiunge una pista più ampia che proviene dal basso. La si segue a destra, in salita, e si rientra nella faggeta in corrispondenza di una sella boscosa. Senza possibilità di errore si prosegue sul viottolo che sale sempre abbastanza ripido accanto al largo crinale fino a sbucare su un pianoro erboso con vista spettacolare su tutta la catena del  Gran Sasso, sul Sirente, la Valle del Tirino e gran parte dei monti d’Abruzzo. Rientrati nel bosco si supera un ultimo ripido pendio e in breve si raggiunge la croce di vetta (1405 metri, 1h15’), affiancata da modesti affioramenti rocciosi. 
Per la discesa si percorre a ritroso il breve tratto di bosco fino al pianoro erboso panoramico raggiunto in salita. Da qui si inizia a percorrere senza via obbligata la larga e ripida cresta nord-ovest del M. Picca. Oltrepassato un fosso si risale brevemente fino a raggiungere l’ometto di pietre della Ripuccia. Sempre per cresta panoramica si continua a scendere fino ad intercettare alla nostra destra una radura allungata con vegetazione rada o assente che scende fino alla base della montagna e alla carrareccia percorsa all’andata. Si inizia a scendere per questa radura intercettando un sentierino che dopo aver costeggiato un casolare abbandonato risale brevemente su un colle e riprende a scendere. Si supera un fossetto e si esce su un prato che ci riporta sulla carrareccia percorsa all’andata e quindi al parcheggio.

L'itinerario in breve:

Percorso: Forca di Penne (908 m) - Laghetto di Forca di Penne - MONTE PICCA (1.405 m) - cresta nord-ovest - La Ripuccia (1.290 m) - Laghetto - Forca di Penne
Difficoltà: EE - per escursionisti esperti (vista l'assenza di segnaletica)
Dislivello: 600 m
Durata: 3h00' - 4h00'
​Lunghezza: 7,5 km
Sentieristica: itinerario non segnato

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