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Anello del Vallone Pesco di Lordo

20/7/2019

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Anello rilassante, adatto a tutti e particolarmente consigliato a famiglie con bambini, che si sviluppa poco fuori dal centro abitato di Pescasseroli in un luogo unico e dall’atmosfera incantata. Il Vallone di Pesco di Lordo e i vicini Prati di Zocca, incastonati tra ripide montagne, sono un autentico scrigno della natura che riservano una sorpresa ad ogni passo. Qui si trovano, infatti, imponenti alberi di faggio plurisecolari dalle forme fiabesche, che stimolano la fantasia soprattutto dei più piccoli. Alcuni di essi presentano delle parti morenti, attaccate da parassiti e funghi dalla particolare forma “a mensola”, dove in estate non è raro scorgere la bellissima Rosalia alpina, un rarissimo coleottero dallo sgargiante colore azzurro/nero. Sui tronchi di legno morto, inoltre, si alimentano diverse specie di picchio. Nel sottobosco non sarà poi difficile scorgere le graziose arvicole indaffarate a procacciarsi il cibo. Cervi, caprioli, orsi sono i padroni di casa di questi ambienti.
Tra questi stupendi boschi sono state girate alcune delle scene del bellissimo film “La volpe e la bambina”
 
L’itinerario in breve:

Percorso: Pescasseroli – Colle Carpio – Prati di Zocca – Vallone Pesco di Lordo - Pescasseroli
Difficoltà: E (escursionistica)
Dislivello: 200 m circa
Lunghezza: 5,5 km
Impegno fisico: basso
Punto di partenza e accesso stradale: Il sentiero inizia appena fuori dall’abitato di Pescasseroli nei pressi del centro ippico Valle Cupa
Sentieristica e segnaletica: Sentieri C2 e C1, segnaletica bioanco-rossa
Cartografia: Carta turistica-escursionistica del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, Edizioni del Parco, anno 2019, scala 1:25.000


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La Fattoria Valle Magica, una fattoria davvero speciale

12/5/2019

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Negli ultimi anni si sta risvegliando nella coscienza collettiva una nuova sensibilità verso i problemi dell'ambiente e dell'uomo. Allo stesso tempo, a causa dei ritmi frenetici che la vita moderna ci impone, si sta manifestando sempre più evidente la necessità di riappropriarsi della “libertà perduta”. Si stanno cioè creando le condizioni per mettere in pratica un diverso stile di vita basato sul ritorno alla terra, sulla decrescita consapevole, sul risparmio energetico, sull'alimentazione sana e naturale da ricercarsi in loco, piuttosto che lo sviluppo insostenibile, lo spreco delle risorse, il cibo spazzatura, modificato geneticamente che non si sa da dove provenga e cosa provochi. Certo, occorrono coraggio e determinazione per fare una scelta del genere che porta ad un cambiamento radicale della propria vita, abbandonando tutte le certezze costruite negli anni. 
Coraggio e determinazione che non sono mancati a Ralph e Ninke, 47 anni lui e 34 anni lei, che quattro anni fa hanno abbandonato la loro vita agiata in Inghilterra per inseguire il loro sogno di dare vita ad un’azienda agricola etica, sostenibile ed eco-compatibile, scegliendo di vivere a contatto con la terra, gli animali e la natura incontaminata dell’entroterra verde d’Abruzzo.
Ralph, irlandese di origine, era un manager di Amazon, guadagnava bene ma lavorava tanto, troppo, tanto che spesso stava giorni interi senza vedere i propri figli, altre volte invece usciva la mattina presto che i figli ancora dormivano e rientrava la sera tardi che i figli erano già a letto. Ritmi divenuti insostenibili che costringevano a mettere in secondo piano i veri valori della vita.
Ninke, olandese, è una psicologa in neuroscienze e in Inghilterra trascorreva le sue giornate facendo la mamma di quattro splendidi bimbi, Airik, che oggi ha nove anni, Lucian sette e i gemelli Anakin e Nimue di cinque anni, e accudendo per quattro ore al giorno un ottantenne italiano affetto da Alzheimer. Riccardo, questo il suo nome, era un emigrante abruzzese originario di Carapelle Calvisio, piccola frazione in provincia de L’Aquila, e nei suoi racconti non faceva altro che elogiare le bellezze e le tante virtù della sua terra di origine. Racconti che hanno fatto incuriosire Ninke e che hanno contribuito a far maturare in lei e Ralph l’idea di una vita diversa, altrove e più a misura d’uomo.
Ed è così che quattro anni fa la coppia si trasferisce a Carapelle Calvisio dove acquista una tenuta agricola a 600 m di altitudine con due casali, di cui uno oggi ristrutturato ed adibito a laboratorio di trasformazione dei prodotti e un altro ancora diroccato ma che nei sogni di Ralph e Ninke sarà la loro nuova casa con una splendida vista sulla Valle del Tirino, le propaggini meridionali del Gran Sasso e la Majella. Il contesto è incantevole, immerso in ettari di verde, ulivi, pini e querce secolari. Il nome che hanno dato alla loro azienda agricola è Fattoria Valle Magica; mai nome fu più appropriato!
Parlando con Ralph ci si rende subito conto della gioia che traspare dai suoi occhi e, mentre ci guida alla scoperta della sua fattoria, così ci racconta del suo progetto: “credo che tutti dovrebbero avere l'opportunità di mangiare carne sana e biologica come si faceva prima della produzione industriale. Ci concentriamo sull'allevamento e la conservazione sia di razze rare che tradizionali, non più utilizzate nella moderna agricoltura commerciale. Animali che crescono più lentamente e che vivono vite autosufficienti nel loro ambiente naturale. Ci occupiamo anche di agricoltura biologica e sostenibile basata su metodi che evitano l'uso di farmaci e pesticidi. Non utilizziamo macchine per lavorare la terra, tutto è fatto a mano o con l’aiuto degli stessi animali. I primi a calpestare il terreno da coltivare sono i tacchini che mangiano ciò che resta della precedente coltivazione e contribuiscono alla concimazione della terra, poi è la volta dei maialini nati da poco che arano il terreno senza appesantirlo ed eliminano le radici residue, infine è la volta delle galline che si occupano della fresatura e mangiano i parassiti. A quel punto la terra è pronta per la semina.”
Attualmente nella fattoria sono allevati 250 galline di razza pregiata, 100 tra oche e anatre, una cinquantina di tacchini che aiutano nel tenere lontani i serpenti, alcune faraone, che con i loro versi allertano tutta la fattoria in caso di attacchi da parte delle volpi, tre asini, una cinquantina di pecore della razza Gentile di Puglia, 20 capre di razza Girgentana, inconfondibili per le lunghe corna a spirale, 60 maiali neri, che dimorano proprio sotto le querce delle cui ghiande sono ghiotti e circa 50 conigli ospitati nelle loro casette colorate. Gli animali circolano liberamente nella fattoria con sette cani Pastore abruzzese e tre Dobermann a fare la guardia.
La fattoria è aperta ai visitatori per vedere gli animali ed è attrezzata per organizzare visite guidate, grigliate, pic-nic, degustazioni, eventi e corsi di vacanza per chiunque voglia fare esperienza di vita rurale e condividere la passione di Ralph e Ninke per l'agricoltura sostenibile. Uno spazio è dedicato esclusivamente ai bambini.
​Un’idea sicuramente nuova per i nostri tempi che richiede un impegno ed un lavoro fuori dal comune, ma che l’amore di questa bellissima famiglia per la natura e gli animali, con l’aiuto di tanti amici e conoscenti provenienti da mezza Europa, ha trasformato in una splendida realtà inserito in uno splendido contesto paesaggistico.


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Il MUN - Museo dell'uomo e della natura di Magliano dei Marsi nella riserva monte velino

25/4/2019

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Non solo un museo, bensì un prestigioso centro di conoscenza e sperimentazione della natura realizzato pensando soprattutto ad un pubblico di bambini e ragazzi, per stimolare in loro la sensibilità verso i temi della conservazione del territorio, del paesaggio e delle specie animali e vegetali. Questo è il nuovo “MUN – Museo dell’uomo e della natura”, inaugurato poco più di un anno fa, e allestito all’interno della sede dei Carabinieri Forestali della Riserva Naturale Orientata Monte Velino a Magliano dei Marsi (AQ). 
Il museo è allestito con diorami e vetrine in cui l'ambiente è riprodotto ed illustrato attraverso plastici, foto, immagini e pannelli. Inoltre attraverso l’utilizzo di tecnologie innovative e interattive si dà ai visitatori la possibilità di sperimentare attività inerenti la conoscenza della Biodiversità e, specialmente il pubblico più giovane, viene stimolato con interrogativi e curiosità che aiutano a immergersi con interesse nei diversi ecosistemi.
Dopo una prima parte in cui c’è il richiamo forte alle minacce dell’uomo sulla natura, il museo mostra le principali caratteristiche della Riserva del Monte Velino di cui è ricostruito l’ambiente tipico, ovvero il bosco e le pareti rocciose. Percorrendo le varie sezioni del museo vengono poi illustrate le buone pratiche messe in atto negli anni per salvaguardare le specie minacciate quali l’aquila reale e l’orso marsicano e le altre reintrodotte come il cervo, il corvo imperiale e il grifone.
L’ultima sezione offre uno spaccato sulla Biodiversità a livello mondiale trattando le attività condotte dai Carabinieri del Raggruppamento CITES per il contrasto al commercio illegale di esemplari o parti di specie minacciate.
Il nuovo assetto del museo ha permesso di rendere il percorso museale accessibile anche ai disabili motori e sensoriali, grazie alla collaborazione con l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti di Avezzano.
La struttura museale ha anche il pregio di essere  inserita in un contesto naturalistico unico, quello della Riserva Naturale Orientata Monte Velino, istituita nel 1987 con lo scopo di tutelare un’area montana di circa 3.500 ettari di grande valore naturalistico ed ambientale, arricchita dalla presenza di specie ed ecosistemi rari e pregiati tra cui una coppia di aquila reale che nidifica nella Valle Majelama e che, proprio grazie alla istituzione della Riserva, è stato possibile proteggere consentendo di accrescere, negli anni, la popolazione appenninica di questo magnifico rapace.
Alla struttura didattico-museale si affiancano un’area di sosta attrezzata, un giardino botanico, nel quale sono stati riprodotti gli ambienti principali dell'area protetta, un percorso natura di circa due chilometri che permette di accedere alla voliera dei grifoni e all’area faunistica del Cervo, un deposito Cites nel quale sono esposti centinaia di reperti sequestrati dai Carabinieri forestali. Si tratta di oltre 500 esemplari di uccelli imbalsamati provenienti dall'Europa e dall'Italia, tutti appartenenti a specie rare e minacciate di estinzione
Il museo è sempre aperto e, all’occorrenza, possono essere svolti programmi speciali per gruppi e scolaresche. Consigliatissima una vita guidata.
 

Per contatti e maggiori informazioni è possibile rivolgersi a:

- Reparto Carabinieri Biodiversità di Castel di Sangro – Via Sangro n. 45 – 67031 Castel di Sangro (AQ) Tel. 0864 845938 – Fax 0864 840706  - E-mail: utb.casteldisangro@forestale.carabinieri.it
- Centro Visite della R.N.O. Monte Velino – via Pascolano, 10 – 67062 Magliano de’ Marsi (AQ) Tel/Fax 0863 515162 – E-mail: rno_m.velino@libero.it
- www.carabinieri.it


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L'area faunistica "oasi di Fontecchio"

28/3/2019

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A pochi minuti da L’Aquila e a poco più di un’ora da Pescara, nel bel borgo di Fontecchio, all’interno del Parco Regionale Sirente-Velino, sorge l’Oasi di Fontecchio, un’area protetta, rifugio per animali selvatici feriti, dove grandi e piccoli possono trascorrere ore piacevoli a contatto con la natura.
Il padrone di casa di questo angolo di pace è Jean Luc Furore, per tutti Gianluca, italo- lussemburghese, che ha fatto della sua passione per la natura una missione di vita. Gianluca, insieme alla sua fedele e fidata Cloe, labrador color panna, dolcissima e giocherellona, accoglie gli ospiti e li guida per mano alla scoperta dell’oasi, nata nel 1996 recuperando con amore, passione e tanto lavoro, quello che in passato era un bosco baronale abbandonato. Nel 2005 sono arrivati i primi esemplari di animali selvatici recuperati e curati dal Centro di recupero della Fauna selvatica di Pescara. Animali non più reinseribili in natura oppure in attesa di essere liberati.
Il Centro visite dell’Oasi è stato allestito in quella che in passato era l’essiccatoio dell’ex conceria medievale del paese. Una grande stanza completamente ristrutturata in pietra e legno in cui un percorso fotografico e didascalico guida i visitatori tra le bellezze naturalistiche del parco Sirente-Velino.
Molte sono le attività che Gianluca organizza durante l’anno, rivolte principalmente ai bambini. Laboratori di educazione ambientale che affrontano diverse tematiche. Il recupero e il riuso dei materiali, la creazione di mangiatoie per uccelli, la realizzazione di tavolozze con i colori della natura, la scoperta delle tracce che gli animali selvatici lasciano nel bosco sono solo alcune delle attività che i più piccoli possono sperimentare all’interno dell’Oasi.
Attualmente l’Oasi ospita due caprioli, Nelson e Laila mascottes dell’Oasi, una lepre, due poiane, un allocco, sei tartarughe e tre testuggini.
L’Oasi dispone anche di un’area pic-nic allestita con tavoli e panche in legno, amache per il relax di grandi e piccini, area barbecue e una grande area verde dove i bambini possono divertirsi in sicurezza magari giocando con la docilissima Cloe.
Per chi aspira ad un matrimonio non convenzionale, l’Oasi è anche un luogo incantato dove poter convolare a nozze. Per i novelli sposi è possibile trascorrere la prima notte di nozze all’interno di una piccola e graziosa foresteria completamente ristrutturata da Jean Luc e arredata con il riuso dei materiali. Un vero e proprio gioiellino arredato in stile antico che dispone di un’ampia camera con bagno e di un soggiorno con angolo cottura.
​Oggi l’oasi attira turisti e amanti della natura provenienti non solo dalla vicina L’Aquila e dall’Abruzzo, ma anche da fuori regione. Nonostante le mille difficoltà e gli ostacoli burocratici Gianluca non si arrende e con ostinazione porta avanti il suo progetto di diffusione di valori basati sul rispetto e la tutela della natura e della conoscenza del territorio e della sua storia.

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IL PARCO DI ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE DI PETTORANO SUL GIZIO

14/6/2018

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Nel comune di Pettorano sul Gizio, all’interno della Riserva Naturale Regionale Monte Genzana, c’è un luogo affascinante e suggestivo, autentica testimonianza del passato di questi luoghi e delle sue economie.
Sto parlando del Parco di Archeologia industriale situato ai piedi del borgo, nei pressi delle sorgenti del fiume Gizio,  un autentico laboratorio multidisciplinare a cielo aperto caratterizzato da percorsi didattici tra giardini, frutteti, ramiere e mulini risalenti ad epoche tra il 1500 e il 1800 che raccontano gli avvenimenti dell’antico borgo.
All’interno del Parco sono infatti presenti quattro antichi opifici idraulici:  il mulino comunale, il mulino De Stephanis, il mulino Cantelmo e la Ramiera-Gualchiera , con tanto di antiche macine, alloggio per il mugnaio e stalla per gli animali che trasportavano farina e grano.
I mulini sono stati recuperati e ristrutturati mentre all’esterno si conservano ancora le imponenti testimonianze dei canali che vennero costruiti per convogliare con forza l'acqua del fiume per azionare le macine.
I mulini, tutti a ruote orizzontali, venivano utilizzati per la produzione di farina mentre la ramiera/gualchiera/polveriera, a ruote verticali, è stata utilizzata nel tempo sia per la lavorazione del rame, sia per la lavorazione della lana, sia per la lavorazione di polvere da sparo.
La lana veniva lavorata attraverso il processo chiamato di follatura, attraverso il quale  il tessuto di lana, imbevuto di soluzioni alcaline, era sottoposto, mediante magli, a battitura con lo scopo di ottenere una maggiore resistenza e compattezza del tessuto stesso infeltrendolo .
La polvere da sparo, invece, veniva prodotta e poi venduta alla fortezza di Civitella del Tronto. Per la produzione della povere da sparo infatti era indispensabile l'utilizzo della polvere di carbone che veniva prodotto in abbondanza nei boschi circostanti.
 
Per chi volesse, è possibile passare una giornata all’interno dell’area usufruendo di tavoli da pic nic e punti fuoco. È possibile anche effettuare visite guidate e richiedere l’utilizzo delle strutture per lo svolgimento di attività nel rispetto delle norme presenti nel regolamento comunale.
L’area è gestita dalla cooperativa Valleluna a cui è necessario rivolgersi per informazioni, prenotazioni e prezzi.
 
 
Link utili:
https://www.riservagenzana.it/musei/archeologia-industriale/
http://www.comune.pettorano.aq.it/comune/stat_regolamenti/regolamento_parco_arch_ind.pdf


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I carbonai di Feudo Intramonti

4/5/2018

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C’è un luogo, nel Parco Nazionale d’Abruzzo, molto poco conosciuto. Mi verrebbe da dire che è normale sia così, trattandosi di una zona dove la protezione della natura è massima e dove, in effetti, è consentito l’accesso solo per motivi di ricerca o di controllo. Si tratta della Riserva Naturale Orientata di Feudo Intramonti – Colle Licco, istituita una quarantina di anni fa per la tutela e il ripristino di determinati equilibri alterati dall’uomo in una zona del Parco di straordinaria importanza vista la sua ubicazione e il suo particolare interesse naturalistico e paesaggistico.
Questi luoghi oggi sono protetti e l'ecosistema viene lasciato alla sua evoluzione naturale e selvaggia, un tempo però le cose non stavano così. Tra la fine dell’800 e la metà del ‘900 questo angolo d’Abruzzo, compreso tra i monti della Camosciara e il Ferroio di Scanno, ha rappresentato la fonte di sostentamento degli abitanti di Villetta Barrea e di Civitella Alfedena che con le loro attività di pascolo, raccolta legna, produzione di carbone e segheria hanno arricchito la cultura e le tradizioni di questi posti.
La riserva ha il suo fulcro nel Casone Crugnale, dal nome della famiglia che vi abitò dal 1878 al 1957, oggi Centro di Educazione Ambientale e sede dell’Unità Territoriale per la biodiversità dei Carabinieri Forestali. Il Centro ha all’interno della struttura un grazioso museo naturalistico e di interpretazione ambientale, con ambienti dedicati a laboratori e a seminari e dove sia i bambini che gli adulti possono interagire attraverso giochi e immagini con la vita del parco.
Di fronte al Centro, attraversata la S.S. 83 Marsicana, il bosco custodisce stralci di vita passata con i resti dell’antica segheria e le carbonaie, ricostruite appositamente per far conoscere quello che fino alla metà del secolo scorso era un lavoro molto diffuso, non solo in questi luoghi, ma su tutte le montagne d’Italia.
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Il carbonaio era il mestiere che permetteva di trasformare la legna in carbone vegetale.
I carbonai, per esercitare il loro mestiere, dovevano abbandonare il paese dall'inizio della primavera fino ad autunno inoltrato per trasferirsi con la famiglia in montagna, nei boschi dove c'era la legna da tagliare. Le donne, oltre a partecipare alla produzione, badavano ad ogni altra cosa di necessità della famiglia, compreso l'onere di allevare ed educare i figli e quando capitava portare a termine le gravidanze.
In passato il carbone vegetale veniva utilizzato al posto del carbone fossile mentre oggi il carbone vegetale, noto anche come carbonella, è utilizzato esclusivamente per alimentare i barbecue e i forni a legna delle pizzerie.
La carbonaia veniva preparata costruendo una sorta catasta centrale che fungeva da camino principale, alla quale si appoggiavano in verticale piccoli tronchi di legna in modo da formare un cono sempre più grande, fino alla misura voluta, che poteva anche raggiungere i 6-7 metri di diametro e 2-3 metri di altezza, a seconda dell'abilità del carbonaio, della qualità della legna, e della disponibilità di terra per ricoprire il tutto.
Il cumulo di legna veniva ricoperto con foglie e frasche, ed infine con uno strato di circa 10 cm di terra per impedire che la carbonaia prendesse fuoco come una normale catasta di legna. Il mantello di terra, bloccando la normale combustione a fiamma libera, faceva sì che la legna cremasse e si trasformasse in carbone. E' un fenomeno chimico fisico di cui i carbonai non conoscevano gli esatti meccanismi, ma a loro bastava il risultato. L’abilità del carbonaio stava quindi nel riuscire a togliere la quantità corretta di ossigeno al processo di combustione della legna, in modo da evitare da una parte che il fuoco si spegnesse e, dall'altra, che il fuoco prendesse vigore bruciando la catasta di legna.
L'accensione della carbonaia era uno dei segreti del mestiere. Occorreva appiccare il fuoco all'interno, al centro, in modo che si diffondesse uniformemente. L'arte dei carbonai era quella di guidare quel particolare fuoco all'interno di quel cono di legna ricoperto di terra, che fumava come un vulcano.
I carbonai praticavano dei fori di tiraggio affinché il fuoco procedesse nella giusta direzione, ma erano pronti a richiuderli al momento giusto quando il fuoco esagerava o aveva finito la sua funzione.
Per cui la carbonaia andava attentamente sorvegliata, giorno e notte, fino a quando tutta la legna non si fosse trasformata in carbone, stando attenti che il carbone non bruciasse.
Se il terreno si prestava venivano preparate anche due o tre carbonaie e vicino una capanna o baracca in cui si riparavano i carbonai per tutto il tempo necessario all'operazione, che poteva durare anche decine di giorni.
Dopo aver lasciato raffreddare la carbonaia, si procedeva all'asportazione dello strato di terra di copertura e alla raccolta del carbone.

​INFORMAZIONI UTILI:
​La Riserva Naturale Orientata di Feudo Intramonti - Colle Licco è gestita dall'Unità Territoriale per la Biodiversità dei Carabinieri Forestali. Per visitare il Centro di Educazione Ambientale e conoscere gli eventi organizzati è possibile contattare fare riferimento ai seguenti contatti:
​Reparto Carabinieri Biodiversità Castel di Sangro
Tel. 0864-845938
utcb.casteldisangro@forestale.carabinieri.it
​Riserva Naturale Orientata Feudo Intramonti - Colle di Licco
​rno.intramonti@libero.it

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Dal rifugio Racollo alla Grancia di S. Maria del Monte

18/8/2017

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Quando una tranquilla passeggiata in famiglia e tra amici si trasforma in un concentrato di emozioni. Concludono la serata un'ottima cena al rifugio Racollo ed uno straordinario cielo stellato.

L'itinerario in breve:

Percorso: Rifugio Lago Racollo - ruderi Grancia di Santa Maria
Difficoltà: T - turistica
Dislivello: + 150 m
Lunghezza: 5 km a/r
Sentieristica: itinerario non segnato ma su sentiero evidente

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Castel Menardo, rocca d'altura alle pendici della Majella

26/8/2016

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Nel ricco patrimonio architettonico di origine medievale presente in Abruzzo, fatto di castelli, fortificazioni, torri e borghi, c’è un castello in provincia di Pescara, all’interno del Parco Nazionale della Majella, che probabilmente è sconosciuto ai più. Sto parlando di Castel Menardo, edificato sul caratteristico spuntone roccioso di Colle Ciumina, a circa 500 m di quota s.l.m., a ridosso del comune di Serramonacesca e a “due passi” dalla ben più nota abbazia di San Liberatore a Majella. In posizione strategica e in una incantevole collocazione ambientale, il castello domina la Val Pescara e le pendici settentrionali della Majella.
Le fonti  che attestano la fondazione  del castello sono scarse, tuttavia si tende a far risalire la sua costruzione tra il XII e il XIV secolo. Si tratta di una caratteristica “rocca d’altura”, ossia di un insediamento fortificato con caratteristiche sia militari che residenziali, in tal caso verosimilmente eretto a difesa delle popolazioni circostanti e della vicina Abbazia di San Liberatore a Majella dalle incursioni dei saraceni.
Della fortezza originaria, distrutta già verso la fine del XV secolo, rimane solo una parte delle possenti mura di cinta realizzate in pietra calcarea della Majella. L’edificio è caratterizzato da un impianto triangolare, con due torri di forma circolare poste in due dei tre vertici. E’ ancora possibile individuare i due portali d’accesso al castello e molte feritoie, postazioni difensive degli arcieri.
​
Il castello, per la singolare accuratezza costruttiva delle murature, costituisce ancora oggi una testimonianza storico – culturale di indubbia valenza. 
L’escursione a Castel Menardo richiede circa mezzora di cammino per la sola salita attraverso un sentiero che non presenta particolari difficoltà. Il sentiero è fornito anche di un’area picnic attrezzata, con fontana e con tavoli e panchine in legno. La passeggiata, attraverso il bosco, è adatta anche ai bambini ed è molto suggestiva, e dalle mura dell’affascinante rocca è possibile godere di uno splendido panorama.  
E' consigliatissimo abbinare alla visita del castello anche la visita all'Abbazia Benedettina di San Liberatore a Majella, all'area faunistica del capriolo e alle sorgenti del fiume Alento.
 
Come arrivare a Serramonacesca:
Autostrada A25 con direzione Roma. Uscire al casello di Manoppello, prendere a destra la SS5 (Tiburtina) e poco dopo prendere a sinistra la SS 539 in direzione Manoppello e Serramonacesca. Una volta arrivati entrati in paese, seguire le indicazioni per Contrada Brecciarola e Castel Menardo. Si parcheggia nei pressi del primo evidente tornante a sinistra proprio all’inizio del sentiero. 

​Per conoscere il percorso per raggiungere Castel Menardo clicca QUI!

  
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Montagna in famiglia: impariamo dai nostri "cugini" d'oltralpe

26/10/2015

 
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Quando scattai questa foto mia figlia aveva 8 mesi ed era la prima volta che veniva in escursione con me e mia moglie.
Incontrai questa famiglia francese in Val Fondillo, nel Parco Nazionale d'Abruzzo, e subito ne rimasi colpito. Era un piacere vederli camminare tutti e cinque mano nella mano, felici di condividere quel bellissimo momento di immersione nella natura. Mi stupì la loro unione, la loro compostezza, la loro allegria.
Presi questa famiglia come esempio da seguire e da allora si rafforzò in me la consapevolezza che i figli non sono un ostacolo alla frequentazione attiva della montagna. Andare in montagna con i bambini, anche piccoli, non solo è possibile ma è anche una straordinaria esperienza. E' sicuramente un modo diverso di andare in montagna, non si guardano più i dislivelli, le vette da raggiungere e i tempi di percorrenza, si va "solo" con la voglia di condividere con i propri figli l'amore per la natura e la passione della montagna. Si va con la voglia di trasmettere la conoscenza e valori importanti come il rispetto per ciò che ci circonda, il rispetto per tutte le specie viventi, il piacere di conquistarsi le cose con le proprie forze, la gioia di aiutarsi l'un l'altro. I bambini, infatti, ci imitano nei nostri comportamenti e seguono l'esempio dei genitori.
Con i bambini si va in montagna spensierati, senza porsi degli obiettivi specifici, ma solo cercando di stimolare la loro curiosità e aiutandoli a riflettere; senza mai dimenticarsi che per i più piccoli il gioco resta sempre e comunque il principale strumento di coinvolgimento e di motivazione.

Alcuni buoni motivi per camminare in montagna con i bambini​


  • Camminare in montagna con la famiglia è innanzitutto una bellissima occasione per parlare con i propri figli rafforzandone l’unione e la fiducia reciproca.  
  • La montagna e la natura in generale sono una fonte infinita di impulsi per i bambini che stimolano la loro curiosità.
  • Camminare in montagna sviluppa le abilità motorie dei bambini e il loro equilibrio.
  • Con l’aiuto e l’esempio dei genitori i bambini imparano a rispettare la natura senza lasciare nessuna traccia del loro passaggio.
  • In montagna l’aria è più pulita e salubre che in città e questo  sarà sicuramente di giovamento per l’apparato respiratorio dei bambini.

Qualche consiglio per una piacevole passeggiata in montagna con i bambini
  • In base all’età dei bambini scegliere percorsi brevi e con dislivello contenuto;
  • ​Porsi degli obiettivi intermedi da raggiungere solo per stimolare il bambino a camminare ma essere sempre pronti a rinunciarvi o a cambiarli strada facendo;
  • I bambini non sono interessati alla bellezza del paesaggio in quanto ancora piccoli per poterlo apprezzare, per questo motivo è necessario scegliere delle escursioni che possano stimolare la loro curiosità. Un bosco, un lago, un torrente, un rifugio o l’avvistamento della fauna selvatica di solito riescono a coinvolgere molto i bambini stimolando la loro naturale curiosità;
  • Spetta ai genitori riuscire a coinvolgere e motivare i bambini raccontando fiabe o storie, illustrando i vari aspetti della natura circostante e proponendo dei giochi da fare durante il cammino.
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​Su questo sito ho dedicato una apposita sezione dedicata alle famiglie, dove si potrà prendere spunto per compiere delle piacevoli ma facili passeggiate in montagna con i bambini. 

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BAMBINI E NATURA

24/9/2015

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I BAMBINI HANNO BISOGNO DI RECUPERARE IL CONTATTO CON LA NATURA
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Sono sempre di più i bambini che conducono un'esistenza imprigionata in città, chiusi in case dove regnano smartphone, videogiochi, computer e televisori. ...
“Disturbo da deficit di natura”, così l’ha definita lo psicopedagogo Richard Louv nel suo libro “L’ultimo bambino nei boschi”, non una malattia vera e propria ma una condizione di vita.
E’ necessario che i nostri figli recuperino il contatto con la natura nei suoi elementi fondamentali, quali terra, acqua e aria attraverso il gioco nei prati, le passeggiate nei boschi, lungo i fiumi e nelle valli, in collina ed in montagna.
La natura è un libro aperto sulla vita e, oltre ai molteplici benefici sulla salute, è una fonte inesauribile di stimoli che sviluppano l’attenzione involontaria, la cosiddetta “fascinazione” o attenzione indiretta. Appositi studi hanno dimostrato che l’attenzione diretta, per esempio quella necessaria nello studio, risulta più facile nei ragazzi e nelle persone che da bambini hanno sperimentato situazioni di fascinazione. Come quelle appunto da cui si lascia catturare un bambino a spasso nella natura quando viene attratto da un particolare tipo di albero, o da una foglia, o da un insetto o da altri elementi naturali.
Lasciamo che i nostri figli imparino spontaneamente a leggere con attenzione il grande libro della natura e lasciamoli liberi di “affascinarsi” in questi luoghi dove matureranno la loro capacità di concentrazione e i loro interessi. 


 "…La natura è perfetta nella sua imperfezione, con le sue infinite parti e possibilità l’una diversa dall’altra, con il fango e la polvere, le ortiche e il cielo, i momenti di spiritualità e le ginocchia sbucciate.
…La passione nasce dalla terra stessa tra le mani infangate dei più piccoli, viaggia lungo maniche sporche di erba e arriva diritta al cuore." -
da "L’ultimo bambino nei boschi", Richard Louv, Rizzoli Editore.

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